Fronte del PONTE

È dai tempi dei Borboni che si parla di ponte sullo stretto. Era il 1840 quando Ferdinando II, re delle Due Sicilie, incaricò un gruppo di architetti e ingegneri di stilare un progetto che collegasse la Sicilia alla Calabria.
Poi, per motivi economici, non se ne fece nulla. Alle soglie del 2011 la situazione è rimasta inalterata, anche se molte ombre stazionano dietro il progetto del ponte. Interessi politici, economici e mafiosi aleggiano tra Scilla e Cariddi, anche se poche sono le voci veramente libere che hanno denunciato gli interessi dei signori del cemento.
Antonio Mazzeo, giornalista e militante ecopacifista, studiando carte giudiziarie e atti processuali è riuscito nel suo ultimo libro “I padrini del ponte. Affari di mafia sullo stretto di Messina” a descrivere l’intreccio di interessi torbidi sinora mai svelato dalla stampa meridionale.
D’altronde come potrebbe essere il contrario se Antonio Calarco, storico direttore del quotidiano messinese La Gazzetta del Sud, è stato presidente sino al 2002 della società Stretto di Messina e se l’Italcementi, uno dei colossi del settore, ha acquistato quote dello stesso giornale.
“I padrini del ponte” è un documento più che un libro. La società editrice non ha posto diritti né di copyright né di copyleft, quindi si possono fotocopiare ampi stralci del testo e diffonderlo.
SUD ha parlato con Antonio Mazzeo degli affari del ponte.
Antonio chi sono i padrini del ponte?
«Sono tutti quei signori che da trent’anni lavorano per il ponte. Le ‘ndrine e le cosche di Cosa Nostra, ma anche le grandi organizzazioni che si sono radicate all’estero come il clan Rizzuto che l’inchiesta Brooklyn ha evidenziato come possibili infiltrati per entrare nella realizzazione dell’opera.
Poi c’è anche una “borghesia mafiosa” come la chiama Umberto Santino (direttore del Centro siciliano di documentazione " Giuseppe Impastato" di Palermo; ndr) ossia un certo ceto politico, le banche, i grandi gruppi imprenditoriali che non hanno problemi a sedersi a un tavolo con certe persone per spartirsi la torta».
Allo stato attuale qual è la situazione dei lavori?
«In atto vi è una serie di trivellazioni affidate al general contractor per la progettazione ed esecuzione del ponte. Poi sono partiti dei lavori per lo spostamento della ferrovia, lavori che con un blitz del Governo sono stati assegnati a Impregilo, quando invece si trattava di un vecchio progetto di molti anni addietro. L’affido dei lavori a Impregilo è stato fatto senza bandi e con poca trasparenza. Il Governo Berlusconi aveva promesso di presentare entro la fine del 2010 il progetto definitivo del ponte. Già cinque anni fa era stata assegnata la redazione di questo progetto ma ancora non si è visto nulla. Inoltre il progetto dovrà poi passare al vaglio del Cipe con passaggi che prenderanno un lasso di tempo ampio. Alla fine è tutta una mera propaganda e intanto mille e trecento milioni di euro sono stati sottratti ai fondi Fas solo per il ponte».
Che ruolo ha la società “Stretto di Messina”?
«La società doveva gestire la fase di preparazione e realizzazione dei lavori come concessionario pubblico con l’Anas che detiene la maggior parte delle quote azionarie. Questa società ha affidato a Impregilo e altre aziende il compito di costruire il ponte, ma si parla di una società che è costata tantissimo ai cittadini e dopo venti anni non abbiamo un progetto. Nel libro vengono descritte le turbative delle gare e vengono rendicontati tutti i soldi che sarebbero potuti essere investiti per le infrastrutture siciliane».
Che ruolo ha avuto la stampa nella vicenda del ponte?
«La stampa è stata influenzata. Basti pensare alla Gazzetta del Sud acquisita in parte da Italcementi che intendeva avere un “megafono promozionale” per la costruzione del ponte. Infatti una delle più grandi compagnie di cemento non può non essere interessata alla costruzione di un’opera del genere. Ma anche la concentrazione dei media in Sicilia non ha permesso di parlare di molte cose. Il quotidiano La Sicilia ha sempre sostenuto una linea a favore del ponte, conducendo una battaglia con alcuni editorialisti quando il governo Prodi stoppò il progetto. Negli articoli di Tony Zermo si parla addirittura di un ponte che non costa nulla ai cittadini. Il mio libro, pur avendo ricevuto anche un premio di carattere nazionale (il premio Bassani di ItaliaNostra; ndr), non ha avuto nemmeno una riga sui tre grandi quotidiani siciliani».
Hai avuto difficoltà a trovare un editore?
«Sì, per molto tempo il libro è rimasto congelato in attesa di essere stampato. Quando avevo perso ormai ogni speranza di pubblicazione, dopo un mio articolo su MicroMega, una casa editrice si è messa a disposizione mettendo in primo piano la volontà politica di diffondere il libro senza alcuna restrizione riguardante il diritto d’autore».

Articolo-intervista di Andrea Sessa pubblicato in SUD, anno II n. 1 – 18 gennaio 2011

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