Operativa a Sigonella unità Global Hawk di US Air Force

Una presenza discreta quella del personale dell’aeronautica militare statunitense che si aggira all’interno della stazione aeronavale di Sigonella da circa un mese e mezzo. Appartiene a quello che ha già preso il nome di "9th Operations Group/Detachment 4", il distaccamento operativo che gestirà le future missioni in Europa, Africa e Medio oriente dei velivoli senza pilota UAV "Global Hawk" che l’US Air Force è in procinto di dislocare nella base siciliana. I militari dipendono direttamente dal 9th Reconnaissance Wing del Comando per la guerra aerea con sede a Beale (California), anche centro dell’Agenzia d’intelligence dell’aeronautica USA. Dal 2003 Beale è la principale base logistica dei Global Hawk; ospita i centri di comando, controllo e analisi dati e le stazioni di lancio e manutenzione dei nuovi prototipi sperimentali.

«Dopo significativi ritardi al programma che hanno indotto molte persone a credere che il reparto non sarebbe mai stato attivato, siamo finalmente qui», dichiara il colonnello Bryan Scott Coon, neocomandante del “Global Hawk Detachment 4” di Sigonella.
 
«Attualmente il nostro team è composto da sette persone. Altri quattro militari giungeranno entro la fine di quest’anno. Nel gennaio 2010 arriverà un gruppo più grande e ad aprile il distaccamento sarà completo con cento unità. Tra di loro pure quaranta dipendenti della Northrop Grumman, società produttrice dei Global Hawk. Questo non è un problema, perchè molti di loro sono ex militari con diversi anni di esperienza nella manutenzione di aerei e sanno come integrarsi in una comunità militare. Il loro compito sarà quello di eseguire la manutenzione dei nostri velivoli e degli shelter a terra».
 
Per l’avvio a pieno regime delle missioni dell’ultima generazione di aerei - spia, il colonnello Scott Coon dichiara che bisognerà attendere ancora un po’. «Un giornalista italiano ha scritto recentemente che cinque Global Hawks sono stati già installati e volano da Sigonella», spiega in riferimento a quanto apparso su La Stampa il 21 giugno 2009 e, il giorno successivo, su La Sicilia. «Ciò non è assolutamente vero. La consegna del velivolo è prevista tra la fine dell’estate e l’autunno del prossimo anno. Alla fine, potremo alzarci in volo per dieci sortite di lunga durata a settimana, così, basicamente, ci sarà sempre un Global Hawk in cielo a supportare le diverse richieste dei comandi militari».
 
I «significativi ritardi al programma» solo accennati dal comandante dell’US Air Force, hanno dunque causato la posticipazione del trasferimento degli UAV in Sicilia. Qualche dubbio tuttavia rimane. Il Report 111-035 del Comitato per le forze armate del Senato degli Stati Uniti d’America che autorizza la spesa per la difesa per l’anno fiscale 2010, pubblicato il 2 luglio 2009, dedica un paragrafo proprio all’installazione dei velivoli a Sigonella, affermando testualmente che «l’arrivo del primo sistema Global Hawk avverrà nell’ottobre 2009».
 
Inoltre, il 4 febbraio 2009, l’US Air Force ha sottoscritto un contratto per 276 milioni di dollari con la Northrop Grumman per l’esecuzione negli anni fiscali 2009-2010 delle attività di sperimentazione, tecnico - logistiche e manutenzione dei Global Hawk.
 
Secondo quanto affermato dal vicepresidente dell’importante azienda del complesso militare industriale USA, Gorge Guerra, con il contratto la Northrop Grumman è chiamata a fornire la propria assistenza «per la base aerea di Beale e per le due nuove basi operative all’estero di Andersen (Guam) e Sigonella (Italia)».
 
«Nel corso di questi due anni – ha aggiunto Guerra - tutti i “Block 20” Global Hawk di ultima generazione saranno installati in tutte e tre le basi per continuare a sostenere la guerra globale contro il terrorismo». Tra il 2009 e il 2010, dunque.
Il ritardo, se c’è, è per la “piena capacità operativa” del sistema, non certo per il dislocamento e/o passaggio degli UAV dalla base siciliana, cosa che accade perlomeno dal 2001 con l’avvio delle operazioni di guerra in Afghanistan.
 
Come confermato dall’allora segretario della difesa Donald Rumsfeld ad UsaToday (24 maggio 2002), il primo trasferimento del Global Hawk al teatro afghano avvenne utilizzando proprio Sigonella come base logistica. Da allora, lo strumento cardine per l’individuazione degli obiettivi e il coordinamento degli attacchi da parte dei mezzi aerei, terrestri e navali ha eseguito missioni di guerra per oltre 24.000 ore in Iraq, Afghanistan e Pakistan.
 
Impossibile che in tutto questo tempo non ci sia stata una sosta tecnica in Sicilia, non fosse altro per testare le piste e le infrastrutture di quella che sarà una delle due maggiori basi operative dei velivoli dell’Air Force al di fuori del territorio degli Stati Uniti.
 
Sigonella è stata prescelta per ospitare pure il Global Hawk Aircraft Maintanance and Operations Complex, il complesso per le operazioni di manutenzione degli aerei senza pilota. Il progetto, congelato per alcuni anni per carenza di fondi, è stato riproposto con il budget di previsione per il 2010. Definito di «alto valore strategico» da Kathleen Ferguson, vicesegretaria della difesa, in occasione della sua audizione davanti al Congresso il 3 giugno 2009, prevede lo stanziamento di 31.300.000 dollari per avviare entro il prossimo 10 marzo la «costruzione di un nuovo hangar con una superficie di 5.700 metri quadri e quattro compartimenti per le attività di manutenzione, riparazione ed ispezione dei velivoli e l’installazione dei generatori e dei sistemi anti-terrorismo».
 
Dalla scheda analitica predisposta dall’Air Force Command si evince che nel nuovo hangar saranno pure ospitati uffici, centri amministrativi, officine e attrezzature varie, nonché saranno stoccate le componenti aeree a supporto di «tutti e quattro i velivoli Global Hawk». Quattro dunque e no uno come ha invece annunciato il comandante del Detachment 4 di Sigonella.
 
L’US Air Force avverte poi che «la mancanza di idonee facilities limiterà severamente la manutenzione e le riparazioni in accordo con le richieste tecniche e così i velivoli non saranno in grado di eseguire le loro missioni fondamentali di riconoscimento nel teatro europeo. Ciò potrà anche costituire una degradazione significativa delle capacità e della vita operativa del velivolo e la crescita del rischio di essere oggetto di un serio incidente».  
 
In verità non sono in molti ad interessarsi ai rischi che comporterà la presenza dei Global Hawk a Sigonella, a pochi chilometri da popolose città come Catania, Lentini e Siracusa, dal trafficato scalo aereo di Fontanarossa (oltre sei milioni e mezzo di passeggeri lo scorso anno) e dal cosiddetto “triangolo della morte” Augusta-Melilli-Priolo dove imperversano impianti chimici, raffinerie, depositi di carburante e munizioni per le unità navali USA e NATO, compresi i sottomarini e le portaerei a capacità nucleare.
 
Eppure non mancano gli studi e gli interventi scientifici sul pericolo rappresentato dalla proliferazione degli UAV. Nel documento The U.S. Air Force Remotely Piloted Aircraft and Unmanned Aerial Vehicle - Strategic Vision, in cui l’aeronautica militare statunitense delinea la “visione strategica” sul futuro utilizzo dei sistemi di guerra, si ammette candidamente che «i velivoli senza pilota sono sensibili alle condizioni ambientali estreme e vulnerabili alle minacce rappresentate da armi cinetiche e non cinetiche». «Il rischio d’incidente del Predator e del Global Hawk è d’intensità maggiore di quello dei velivoli con pilota dell’US Air Force», si legge ancora, anche se, «al di sotto dei parametri stabiliti nei documenti di previsione operativa per questi sistemi».
 
Nello stesso rapporto si afferma poi che l’utilizzo degli UAV imporrà al Dipartimento della difesa di affrontare «significative questioni giuridiche, nazionali ed internazionali», in particolare quelle relative alle «richieste operative da parte dell’International Civil Aviation Organization (ICAO)».
 
Infine una serie di raccomandazioni. «L’Air Force deve obbligare il Dipartimento della difesa a perseguire con forza l’assegnazione di frequenze radio che rispondano alle richieste militari mentre riducono allo stesso tempo l’impatto sulle trasmissioni civili nazionali ed internazionali. Alcuni sistemi utilizzano frequenze che sono in aperto conflitto o che potrebbero esserlo dopo con altre frequenze assegnate. L’Air Force deve lavorare con il Dipartimento per trasferire questi sistemi su nuove frequenze.
 
Per le operazioni a livello mondiale, si richiede una capacità di sense-and-avoid (senti ed evita), l’adeguamento con i regolamenti di gestione del traffico aereo internazionale, il rispetto delle attrezzature standard di comunicazione, navigazione e sorveglianza.
 
L’integrazione dei velivoli con e senza pilota all’interno e nei pressi degli aeroporti e durante le operazioni di volo deve essere trasparente per chi controlla il traffico aereo. Gli UAV non devono richiedere esigenze speciali che impediscano ad altri velivoli aerei di condividere lo spazio aereo con essi».
 
A quattro anni di distanza dalle preoccupate ammissioni degli estensori della “Visione Strategica” per l’uso dei velivoli senza pilota, ben poco è stato fatto in tema di sicurezza e riduzione del rischio di collisioni e disastri. A denunciarlo è uno dei veterani dell’aeronautica militare e civile italiana, il comandante Renzo Dentesano, pilota per quarant’anni dell’Ami ed Alitalia, poi consulente del Registro aeronautico italiano e perito per diverse Procure della Repubblica e studi legali in procedimenti relativi ad incidenti aerei.
 
Il18 settembre 2009, Dentesano è intervenuto sul sito www.aerohabitat.eu soffermandosi proprio sulle scelte d’installare i Global Hawk a Sigonella, ben dodici, considerando i quattro dell’US Air Force e gli otto della NATO nell’ambito del nuovo sistema di sorveglianza terrestre AGS.
 
«Questi aeromobili militari – scrive l’ex pilota - fra circa tre anni saranno in grado di partire e tornare alla base siciliana dopo aver compiuto missioni segrete e pericolose, delle quali nessuno deve saper nulla, onde poter effettuare con successo i loro compiti di sorveglianza e spionaggio. Compreso anche il Controllo del Traffico Aereo – ATC, nello spazio aereo assegnato dai Piani regionali dell’ICAO alla responsabilità dello Stato italiano, il quale ha demandato tale compito all’ENAV, sotto la sorveglianza dell’ENAC. È pur vero che nei piani d’impiego di questi aeromobili è previsto che il Comando che li utilizzerà abbia tutte le informazioni necessarie in merito al traffico che interessa lo spazio aereo nelle loro traiettorie d’uscita, d’entrata da/per la loro base e quelle in rotta per raggiungere le aree di sorveglianza, ma rimane il fatto che, invece, l’ATC non saprà nulla di quanto programmato e qualche Controllore avvisterà sugli schermi radar del “traffico” che sarà etichettato come “sconosciuto”, del quale quindi ignoreranno sia le intenzioni che le manovre e le traiettorie».
 
«Questo tipo di ricognitori, concepiti appunto per missioni troppo rischiose per essere affidate a mezzi con a bordo degli esseri umani, nonostante tutte le misure di security di cui sono dotati i loro ricevitori di bordo, possono però essere interferiti da segnali elettronici capaci di penetrare nei loro sistemi di guida e controllo, in modo da causarne la distruzione», aggiunge Dentesano.
 
È quanto accaduto nel marzo 1999 a un Global Hawk precipitato in California da un’altitudine di 12.500 metri dopo aver ricevuto un segnale spurio di termine missione” dalla base aerea di Nellis.
 
«Inoltre, il Global Hawk, come pure il Predator, un UAV in dotazione anche all’aeronautica militare del nostro Paese, non risultano in grado di assicurare l’incolumità del traffico aereo civile. Essi sono stati progettati in modo tale che, pur disponendo a bordo di un sensore capace di “vedere”, secondo il principio ICAO di see and be seen, altro traffico in volo con il quale la loro traiettoria potrebbe interferire, non hanno la capacità completa di rispettare l’altro principio sul quale si basa la sicurezza dell’aviazione civile e cioè il protocollo see and avoid – vedi ed evita il traffico a rischio di collisione.
 
Non sono cioè in grado di variare la loro traiettoria di volo in senso verticale, salendo o scendendo di quota, come la situazione per evitare una collisione prontamente richiederebbe. E la sola variazione della direzione di moto, rimanendo alla stessa altitudine potrebbe non bastare ad evitare un disastro che coinvolga un traffico civile.
 
Ma ENAC ed ENAV lo sanno? E, se lo sanno, come intendono provvedere alla sicurezza del traffico civile?». A queste domande nessuno ha ancora risposto.
 
Artixolo pubblicato in Agoravox.it, l'8 dicembre 2009

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