Basi USA e rafforzamento del blocco di potere in Sicilia

La base siciliana di Sigonella sta per ospitare il nuovo Sistema di sorveglianza terrestre AGS NATO. Intanto si moltiplicano i lavori di costruzione ed ampliamento di piste aeree, hangar e sistemi di telecomunicazione spaziale delle forze armate USA. In attesa dei velivoli senza pilota Global Hawk, la stazione aeronavale si trasforma nel maggiore centro logistico ed operativo per gli interventi di guerra in Africa, Medio Oriente e Golfo Persico. E le maggiori corporation del complesso militare industriale fanno grandi affari con i cavalieri locali dell’editoria e del cemento. 


Nel corso della riunione dei Ministri della Difesa della NATO di Cracovia, il 19 e 20 febbraio 2009, è stata formalizzata la scelta della stazione aeronavale di Sigonella quale “principale base operativa” dell’Alliance Ground Surveillance – AGS, il nuovo sistema i sorveglianza terrestre dell’Alleanza Atlantica. <<Abbiamo scelto questa base dopo un’attenta valutazione e per la sua centralità strategica nel Mediterraneo che consentirà di concentrare le forze d’intelligence italiane, della NATO e internazionali>>, ha dichiarato il Capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Vincenzo Camporini. Nella grande infrastruttura militare saranno ospitati i sistemi di comando e di controllo del’AGS, centralizzando le attività di raccolta e analisi delle informazioni raccolte. Sigonella si trasforma così in un’immensa centrale di spionaggio, un “Grande Orecchio” della NATO capace di spiare, 24 ore al giorno, un’area che si estende dai Balcani al Caucaso e dall’Africa al Golfo Persico.
La stazione aeronavale ospiterà inoltre la componente di volo del sistema di sorveglianza, costituita da sei sofisticati velivoli senza pilota (UAV). In un comunicato stampa del 25 settembre scorso, gli alti comandi NATO hanno spiegato che <<il segmento aereo dell’AGS Core sarà basato sulla versione Block 40 dell’aereo “RQ-4B Global Hawk” di produzione statunitense, dotato di un’autonomia di volo superiore alle 30 ore ed in grado di raggiungere i 60.000 piedi di altezza, in qualsiasi condizione meteorologica>>. La rotta dei Global Hawk sarà fissata da mappe predeterminate, un po’ come accade con i missili da crociera Cruise, ma da terra gli operatori potranno cambiare le missioni in qualsiasi momento. Gli UAV saranno equipaggiati con un sensore radar di sorveglianza del suolo multi-piattaforma (MPRIP Multi-Platform Radar Insertion Program) e con un sistema di trasmissione dati a banda larga. Mediante l’impiego di questi sensori, l’AGS Core scoprirà e “traccerà” oggetti in movimento nell’area osservata e fornirà immagini radar di oggetti stazionari. Il segmento terrestre, che sarà sviluppato dalle industrie militari canadesi ed europee, distribuirà i dati ad i molteplici utenti operativi all’interno e fuori dal teatro delle operazioni belliche, e funzionerà come un’interfaccia tra l’AGS Core ed un’ampia gamma di sistemi d’Intelligence, Sorveglianza e Riconoscimento (IRS), nazionali e NATO. Il segmento di terra dell’AGS includerà i sistemi dedicati al supporto della missione, dislocati presso la Main Operating Base di Sigonella, e le altre stazioni terrestri fisse e trasportabili, progettate per supportare le operazioni di dispiegamento in tempi rapidissimi e in qualsiasi scacchiere internazionale, di forze terrestri, velivoli aerei, navi, sottomarini, unità missilistiche. L’AGS è dunque lo strumento chiave per rendere più incisiva la Forza di Risposta della NATO (NRF), divenuta operativa nel giugno 2006.
<<Grazie all’Alliance Ground Surveillance, la NATO acquisirà una considerevole flessibilità nell’impiego della propria capacità di sorveglianza di vaste aree di territorio in modo da adattarla alle reali necessità operative>>, ha dichiarato Peter C. W. Flory, vicesegretario generale per gli Investimenti alla difesa dell’Alleanza Atlantica. <<L’AGS sarà un elemento chiave per assicurare l’assunzione delle decisioni politiche dell’Alleanza e la realizzazione dei piani militari>>. Il nuovo sistema non sarà però un mero mezzo d’intercettazione e di spionaggio. Come riconosciuto dal Capo di Stato Maggiore italiano, generale Camporini, nella base di Sigonella sarà allestito un <<più avanzato sistema SIGINT>>. Il SIGINT, acronimo di Signals Intelligence, è lo strumento d’eccellenza di ogni “guerra preventiva” e ha una funzione determinante per scatenare il first strike, convenzionale o nucleare che sia. Una delle articolazioni SIGINT è la cosiddetta ELINT – Electronic Intelligence, che si occupa in particolare d’individuare la posizione di radar, navi, strutture di comando e controllo, sistemi antiaerei e missilistici, con lo scopo di pianificarne la distruzione in caso di conflitto.


Velivoli senza pilota ad altissimo rischio

Nonostante l’accelerazione inferta al piano di sviluppo dell’AGS, il Comando NATO di Bruxelles ha chiesto un maggiore impegno collettivo ai paesi membri. <<La partecipazione al programma resta aperto agli altri Alleati interessati>>, ha dichiarato il vicesegretario Peter C. W. Flory, invitando apertamente i partner dell’Europa occidentale e la Polonia a rientrare nell’AGS. Originariamente, il piano di sviluppo del sistema di sorveglianza vedeva associate 23 nazioni. Il 16 aprile 2004, la NATO attribuì al consorzio “Trans-Atlantic Industrial Proposed Solution” (TIPS) la ricerca e la progettazione delle apparecchiature terrestri e aeree. Al consorzio partecipavano le statunitensi Northrop Grumman e General Dynamics, la European Aeronautic Defense and Space Company – EADS (gruppo aerospaziale a cui aderiscono società tedesche, francesi ed olandesi), la francese Thales, la spagnola Indra e l’italiana Galileo Avionica. L’accordo prevedeva la realizzazione di una flotta di aerei senza pilota a composizione “mista” (i Global Hawk USA e gli europei Airbus A321). Nel novembre 2007, Washington annunciò però l’abbandono di questa soluzione e la milionaria commessa dei velivoli spia fu affidata in esclusiva alla Northrop Grumman. La rabbia degli alleati europei fu incontenibile e, uno dopo l’altro, Belgio, Francia, Ungheria, Olanda, Portogallo, Grecia e Spagna ritirarono il proprio appoggio finanziario ed industriale all’AGS. La diserzione alleata ebbe come prima conseguenza l’aumento dell’onere finanziario a carico dell’Italia per la realizzazione delle attrezzature e delle infrastrutture, circa 150 milioni di euro, pari al 10% del piano finanziario del programma.
Le autorità spagnole, che in un primo tempo avevano candidato lo scalo di Zaragoza come “principale base operativa” dell’AGS, hanno deciso di ritirarsi per motivi di ordine economico-industriale, ma soprattutto per il grave pericolo rappresentato dai velivoli senza pilota per la sicurezza dei voli civili e degli abitanti delle aree interessate alle operazioni. <<L’installazione a Zaragoza dei velivoli senza pilota presentava molti inconvenienti al normale funzionamento del vicino aeroporto della città>>, ha dichiarato il portavoce del governo Zapatero. <<Dato che le aeronavi della NATO voleranno continuamente per catturare le informazioni, si potevano generare restrizioni al traffico aereo, saturazione nello spazio aereo e problemi durante gli atterraggi e i decolli>>. Una valutazione dei rischi per la sicurezza dei sei milioni di passeggeri in transito dallo scalo di Catania-Fontanarossa (ad una decina di chilometri da Sigonella), che né il governo Prodi né quello Berlusconi si sono sentiti di fare. Eppure durante l’ispezione compiuta il 31 marzo 2008 nella base siciliana dal parlamentare di Sinistra Critica-PRC, Salvatore Cannavò, l’allora comandante del 41° Stormo dell’Aeronautica militare, colonnello Antonio Di Fiore, aveva negato l’ipotesi d’insediamento a Sigonella dei Global Hawk in quanto <<la gestione di quel tipo di aerei non è compatibile col traffico civile del vicino aeroporto civile Fontanarossa>>.
Intanto dovrebbe essere ormai questione di giorni l’arrivo a Sigonella del plotone di 4-5 velivoli RQ-4B “Global Hawk” dell’US Air Force, destinati ad operare in Europa, Medio Oriente e nel continente africano. Nella base siciliana sarà pure realizzato il Global Hawk Aircraft Maintanance and Operations Complex, il complesso per le operazioni di manutenzione degli aerei senza pilota in dotazione alle forze aeree USA. Il progetto, da finanziare con il budget 2010 dell’Air Force Military Construction, Family Hosusing and base Realignment and Closure Programs, è stato definito di <<alto valore strategico>> da Kathleen Ferguson, vicesegretaria della Difesa, in occasione della sua audizione davanti al Congresso, il 3 giugno 2009. Il programma dell’US Air Force ha però lasciato perplessi i congressisti che hanno chiesto di posticipare l’installazione del nuovo hangar di supporto ai Global Hawk. <<La Marina USA possiede a Sigonella facilities di volo che attualmente sono sotto-utilizzate e possono pertanto ospitare a breve termine le necessità che deriveranno dall’arrivo dei primi Global Hawk nell’ottobre 2009>>, ha dichiarato il portavoce del Comitato per le installazioni militari del Congresso. <<Raccomandiamo pertanto di deferire l’investimento in facilities di volo aggiuntive a NAS Sigonella sino a quando il Rapporto Quadriennale della Difesa non informi sul futuro dei programmi del velivolo di pattugliamento marittimo P-8 e dei sistemi senza pilota UAV dell’US Navy, nonché su quanto verrà deciso relativamente all’installazione di questi programmi a Sigonella>>.
Lo scorso anno, il Pentagono ha assegnato alla Northrop Grumman il piano di sviluppo dei nuovi velivoli senza pilota che saranno utilizzati dalle forze navali. Con la prima tranche del programma, a partire del 2015 saranno forniti 68 “Global Hawk” in versione modificata rispetto a quelli già operativi con l’US Air Force. Spesa prevista 1,16 miliardi di dollari. <<Una quarantina di questi velivoli UAV saranno dislocati in cinque siti: Kaneohe, Hawaii; Jacksonville, Florida; Sigonella, Italia; Diego Garcia, Oceano Indiano, e Kadena, Okinawa>>, hanno dichiarato i portavoce del Dipartimento della Difesa. <<Ad essi, nelle differenti missioni navali in tutte le aree del mondo, si affiancheranno i velivoli con pilota P-8 Multi-Mission Maritime Aircraft (MMA), che stanno sostituendo i P-3 Orion in servizio dal 1962>>. L’US Navy ha già preannunciato che le front lines per la dislocazione dei nuovi P-8 saranno le stazioni aeronavali di Diego Garcia, Souda Bay (Grecia); Masirah (Oman); Keflavik (Islanda), Roosevelt Roads (Porto Rico) e l’immancabile Sigonella.


Nel cuore delle Star Wars

L’espansione operativa della più grande base della Marina militare USA nel Mediterraneo è pure confermata da quanto sta avvenendo all’interno della rete di telecomunicazione satellitare Global Broadcast Service (GBS). Dal marzo 2009, i terminal terrestri presenti a Sigonella e nelle basi “sorelle” di Norfolk (Virginia) e Wahiawa (isole Hawaii), sono passati sotto il comando e il controllo del 50th Space Communications Squadron, lo speciale squadrone di telecomunicazioni spaziali dell’US Air Force. <<Il trasferimento del Global Broadcast Service al 50th SCS è finalizzato ad accrescere l’operatività e l’efficienza del sistema di supporto stellare a favore delle missioni dell’US Pacific Command>>, ha dichiarato il colonnello Donald Fielden, comandante del 50° squadrone di telecomunicazioni. <<Il GBS è parte integrante dell’arsenale informativo che abbiano creato per le operazioni di guerra in un’area geografica che si estende dall’oceano Pacifico all’Afghanistan>>.
Il Global Broadcast Service è il sistema chiave per le trasmissioni satellitari di altissimo livello strategico. Sviluppato nella seconda metà degli anni ’90, è divenuto pienamente operativo solo a partire dal 2005. Il GBS, come riferito dai vertici delle forze armate USA, <<assicura la trasmissione veloce e in qualsiasi parte del globo di video, immagini ed altre informazioni top secret o non coperte da segreto su richiesta delle forze militari>>. Ai tre siti terrestri di Sigonella, Norfolk e Wahiawa, giungono costantemente flussi di dati da varie fonti d’intelligence, inclusi i comandi e le agenzie metereologiche, dai velivoli senza pilota UAV di nuova generazione e finanche dai network televisivi commerciali. Le informazioni vengono poi immagazzinate, selezionate, elaborate e successivamente inviate ai satelliti distanti 22.300 miglia, grazie a potentissime antenne che trasmettono in UHF ed EHF (Ultra and Extremely High Frequency – frequenze ultra e ed estremamente alte, con un range compreso tra i 300Mhz e i 300Ghz, quello cioè delle cosiddette “microonde”). <<Il Global Broadcast Service – aggiungono i manuali USA - sostiene le operazioni di routine e le esercitazioni militari, le attività speciali, le risposte in caso di crisi, la predisposizione degli obiettivi degli attacchi. Il GBS supporterà inoltre il passaggio e la conduzione di brevi operazioni di guerra nucleare>>.
La nuova architettura delle comunicazioni per le Star Wars USA sarà operativa entro il 2015 con il completamento del MUOS (Mobile User Objetive System), il nuovo sistema di telecomunicazioni satellitari in UHF che si affiancherà agli UFO, i cui terminal terrestri sono in avanzata fase di realizzazione a Niscemi (Caltanissetta), Kojarena-Geraldton (Australia) e nelle basi del GBS di Norfolk e Wahiawa. La stazione di telecomunicazioni dell’US Navy di Niscemi è stata scelta al posto di Sigonella dopo che uno studio sulle onde elettromagnetiche dell’antenna UHF del MUOS aveva determinato che esse potevano causare la detonazione dei sistemi d’arma e creare gravi pericoli al traffico aereo che anima lo scalo militare siciliano (si tratta del cosiddetto “HERO - Hazards of Electromagnetic to Ordnance”).
Attualmente a Niscemi operano una quarantina di antenne di trasmissione HF (alta frequenza) ed una LF. Quest’ultimo impianto trasmette su una frequenza di 39,9-45,5 kHz, contribuendo alle comunicazioni supersegrete delle forze di superficie, sottomarine, aeree e terrestri e dei centri C4I (Command, Control, Computer, Communications and Intelligence) di Stati Uniti ed alleati NATO. A partire dalla fine degli anni ’90, le stazione di Niscemi è stata pure dotata del sistema di trasmissione LF “AN/FRT-95”, che ha consentito alle forze armate USA di accrescere la copertura nelle regioni del Nord Atlantico e del Nord Pacifico. A seguito della chiusura della stazione di Keflavik (Islanda), nel dicembre 2006 sono state assegnate a Niscemi tutte le funzioni di collegamento in bassa frequenza con i sottomarini strategici operanti nella regione atlantica.


L’isola ostaggio dei bombardamenti elettromagnetici

L’inquinamento elettromagnetico generato dalle emissioni delle antenne esistenti a Niscemi ha già raggiunto livelli pericolosissimi per la salute delle popolazioni. Secondo il monitoraggio effettuato dall’ARPA, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, in un periodo compreso tra il 10 dicembre 2008 e il 9 marzo 2009 (quando erano in funzione appena il 50% circa delle antenne della base) sono stati evidenziati valori superiori ai “limiti di attenzione” fissati dalle normative in materia. In Italia, il decreto n. 381 del 10 settembre 1998 e il DPCM dell’8 luglio 2003 fissano i limiti di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici; relativamente all’intensità della componente elettrica delle emissioni, la cui unità di misura è il volt per metro (V/m), in corrispondenza degli edifici adibiti a permanenza non inferiori a quattro ore, le leggi stabiliscono un limite massimo di esposizione di 6 V/m. Ebbene, in contrada Ulmo, nei pressi della stazione dell’US Navy, una centralina ha registrato una <<media di esposizione di circa 6 V/mt con dei picchi settimanali di superamento>>; la seconda centralina, sita sempre nei paraggi dell’installazione militare, ha registrato i <<valori medi di 4 V/mt con picchi di superamento occasionali>>, che in un caso (il 20 dicembre 2008), hanno raggiunto i 9 V/m. Le altre due centraline hanno invece registrato dei <<valori medi di 1-2 V/mt con picchi preoccupanti>>, specie in contrada Martelluzzo, dove nella giornata del 10 gennaio 2009 si è sfiorata l’intensità soglia dei 6 volt per metro. A Niscemi, dunque, siamo già oltre i valori di rischio e le emissioni elettromagnetiche sono notevolmente superiori a quanto si registra normalmente nei pressi dei più potenti ripetitori televisivi (dove non si supera lo 0,1 V/m) o delle stazioni di trasmissione della telefonia cellulare GSM (le più simili ai sistemi militari satellitari del tipo MUOS), dove l’intensità oscilla tra i 0,3 e i 10 volt per metro.
L’impianto terrestre MUOS avrà frequenze che raggiungeranno valori compresi tra i 244 e i 380 MHz, ma lo “Studio di Incidenza Ambientale” realizzato dalla Marina USA non ha minimamente affrontato i possibili effetti sulla salute delle popolazioni delle esposizioni a lungo termine ai campi elettromagnetici del nuovo sistema di telecomunicazione satellitare. Opportuno menzionare un passaggio di questo “studio” che la dice lunga sul cinismo e l’inaffidabilità delle forze armate statunitensi e del ministero della Difesa italiano che ha più volte ribadito la “sicurezza” del MUOS: <<Le apparecchiature elettroniche mediche, come ad esempio pacemaker cardiaci, defibrillatori, apparecchi acustici, sedie a rotelle e attrezzature ospedaliere, possono essere vulnerabili alle Interferenze Elettromagnetiche (EMI). Ad ogni modo, non sono stati stabiliti standard di vulnerabilità EMI per le apparecchiature mediche. Pertanto, in quest’analisi non si è data particolare considerazione ad esse. Se un ospedale è situato vicino ad un trasmettitore di elevata potenza, o in caso di personale cui siano stati impiantati dispositivi elettromedicali quali pacemaker e defibrillatori o che utilizzi dispositivi elettromedicali esterni come ad esempio apparecchi acustici, e che sia esposto a campi di alta intensità elettromagnetica, si possono verificare fenomeni EMI... >>. Senza dimenticare inoltre che la stazione terrestre del MUOS è stata progettata all’interno della Riserva Naturale Orientata “Sughereta” di Niscemi. Istituita nel luglio 1997, rappresenta assieme al Bosco di Santo Pietro (Caltagirone), il residuo di quella che un tempo era la più grande sughereta della Sicilia centro-meridionale.
In Sicilia esiste già un’articolata e pericolosa  rete di stazioni di telecomunicazioni a microonde. Il testo di un contratto sottoscritto dalla Defense Information Systems Agency nell’aprile 2008, fa esplicito riferimento alla <<fornitura ed installazione di tre siti di comunicazioni a microonde (“microwaves”), il primo a Niscemi, il secondo a Sigonella e il terzo nella base navale USA di Augusta (Siracusa), utilizzata quest’ultima per l’approdo e il rifornimento di armi e carburante delle unità da guerra, comprese le portaerei e i sottomarini atomici. Nel bando si legge che <<NavComtelsta (NCTS) Sicily richiede la sostituzione dei due sistemi radio a microonde esistenti “COTS” che hanno concluso il loro ciclo vitale. Il nuovo sistema fornirà la connessione a microonde di 155MB 21 tra l’NCTS Sicily, ospitato presso la Naval Air Station di Sigonella (NAS II), il Fleet Logistic Support Site nella baia di Augusta e il Naval Radio Transmitter Facility di Niscemi>>. Il contratto prevedeva la conclusione dei lavori entro l’1 ottobre 2008 e la manutenzione degli impianti per la durata di un anno con la possibilità di proroga sino al 30 settembre 2012.
Si sconosce se in questo caso è mai stata fatta una valutazione “HERO” delle onde elettromagnetiche emesse dalla nuova stazione a microonde di Sigonella, scalo aeroportuale dove quotidianamente vengono movimentate grandi quantità di armi e carburante. O nella baia di Augusta, area al centro del triangolo della morte Augusta – Priolo - Melili, dove impianti petrolchimici, cementifici, raffinerie, ecc. convivono con una delle principali basi navali della Marina da guerra italiana e della NATO, e dove sono presenti due grandi depositi carburante a Punta Cugno e San Cusumano più un sospetto deposito munizioni a Cava Sorciaro, a disposizione delle forze armate USA e dei partner atlantici. Senza dimenticare poi che in Sicilia c’è già chi ha sperimentato sulla propria pelle le esercitazioni militari a suon di microonde. Sono gli abitanti della piccola frazione di Canneto di Caronia, nella costa tirrenica della provincia di Messina, che dal gennaio all’aprile del 2004 hanno sofferto una lunga serie di fenomeni di autocombustione di elettrodomestici e impianti elettrici, ecc..
Un rapporto top secret redatto tre anni più tardi dal gruppo di studio interistituzionale creato dalla presidenza del Consiglio, ha avanzato l’ipotesi che all’origine degli “incidenti” ci sarebbero stati <<test militari segreti o esperimenti alieni>>. Intervistato dal settimanale L’Espresso (26 ottobre 2007), il coordinatore del gruppo, Francesco Mantegna Venerando, ha fatto riferimento ad <<una origine artificiale dei fenomeni>>, come <<emissioni elettromagnetiche impulsive>>, capaci di generare <<una grande potenza concentrata in frazioni di tempo estremamente ridotte>>. Si sarebbe trattato cioè di <<fasci di microonde a ultra high frequency compresi nella banda tra 300 megahertz e alcuni gigahertz, applicazioni sperimentali di tecnologie industriali, non escludendo quelle finalizzate a recenti sistemi d’arma a energia elettromagnetica>>. Nuove e terrificanti tecnologie militari a servizio dei signori delle guerre stellari, dunque. Proprio come il MUOS che sarà installato a Niscemi.


Nuovi lavori per 170 milioni di dollari

A fine 2008, il Naval Facilities Engineering Command della Marina militare degli Stati Uniti d’America ha sottoscritto contratti per lavori sino a 6 milioni di dollari per ampliare altre importanti infrastrutture della base di Sigonella. Il primo di essi prevede la riparazione di una parte delle piste di volo, la demolizione e la ricostruzione di circa 27,700 metri quadri di superfici aeroportuali, il rifacimento dell’impianto d’illuminazione. Il secondo contratto prevede invece la ristrutturazione di uffici, spazi comuni e degli hangar per gli aerei. Sigonella si conferma così come la base estera dove è maggiore lo sforzo finanziario della US Navy, 535 milioni di dollari negli ultimi otto anni per il Piano Mega che ha modificato il volto delle due stazioni aeronavali (NAS 1 e NAS 2) in cui la base è divisa.
Ma i cantieri si moltiplicheranno anche nei prossimi anni. Stando al voluminoso rapporto Military Construction and Family Housing Programs – Budget Estimates, relativo alle previsioni di bilancio per l’anno fiscale 2007, a Sigonella sono stati destinati stanziamenti aggiuntivi per oltre 163 milioni di dollari da spendere nel triennio 2008-2010. Tra i programmi più impegnativi, la realizzazione di non precisate <<infrastrutture di supporto operativo della base>> (84 milioni di dollari) e la costruzione dell’AIMD/GSE Shop (34 milioni), che potenzierà le funzioni dell’Aircraft Intermediate Maintenance Department, il dipartimento per la manutenzione e la riparazione dei velivoli imbarcati sulle unità della V e VI Flotta e dei caccia da guerra del Comando centrale europeo delle forze armate USA. Ventuno milioni di dollari andranno invece per creare una “facility operativa” per l’EOD - Explosive Ordnance Disposal Mobile Unit Eight Detachment (EODMU 8), il reparto speciale della US Navy che cura la manutenzione di mine, armi convenzionali, chimiche e nucleari e la loro installazione a bordo di portaerei e sottomarini.
EODMU 8 è stato assegnato a Sigonella nell’ottobre del 1991 per supportare le operazioni del Comando della US Navy, dei servizi segreti statunitensi e del Dipartimento di Stato in un’area compresa tra Europa, Africa e Medio Oriente. Il reparto, in particolare, è stato operativo nel teatro di guerra del nord Afghanistan sin dal 2002, mentre si è guadagnato la “Stella di Bronzo” per i <<servizi>> resi alle forze armate impegnate in Iraq. Dal 2004 un gruppo di militari dell’Explosive Ordnance Disposal Mobile Unit 8 è pure operativo a Gibuti presso la nuova base di Camp Lemonier. In Corno d’Africa, il distaccamento ha addestrato le unità speciali di Etiopia e Kenya in funzione antisomala, alla vigilia dell’attacco scatenato contro le Corti islamiche nel dicembre 2006.
La presenza in Africa di organismi, reparti e mezzi di stanza a Sigonella è notevole. Ufficiali del Naval Criminal Investigative Service (NCIS) dello scalo siciliano sono impegnati nell’addestramento <<in tecniche di sicurezza marittime e portuali>> dell’Africa Partnership Station (APS), la forza multinazionale che gli Stati Uniti hanno promosso con numerosi paesi dell’Africa occidentale e centrale. Buona parte delle operazioni di rifornimento munizioni, carburante e materiali logistici delle unità impegnate in esercitazioni in ambito APS sono coordinate dal Fleet and Industrial Supply Center (FISC), il centro logistico delle forze navali del Comando europeo degli Stati Uniti istituito a Sigonella il 3 marzo 2005. Il centro ha assorbito le funzioni sino ad allora svolte dalle basi logistiche di Napoli, Londra ed Emirati Arabi Uniti, ed è l’unico, insieme a quello giapponese di Yokosuka, esistente fuori dal territorio statunitense.
Ufficiali della Combined Task Force 67 - CTF-67, hanno partecipato a diverse esercitazioni congiunte con le forze armate africane. Il CTF-67 è il comando che sovrintende le operazioni delle forze aeree della Marina Usa nel Mediterraneo, trasferito da Napoli a Sigonella nell’ottobre 2004 proprio per rafforzare la sua proiezione nel continente nero. Nell’autunno 2007 un gruppo di Seabees (il Genio della Marina) di stanza in Sicilia, è stato trasferito a Brazzaville (Repubblica Democratica del Congo) per partecipare ad attività di addestramento delle forze armate locali e alla realizzazione di infrastrutture civili e militari.


L’African Connection

Il fiore all’occhiello dell’intervento di Sigonella nel continente africano è però rappresentato dalla Joint Task Force JTF Aztec Silence, la forza speciale creata dal Dipartimento della difesa degli Stati Uniti per condurre missioni d’intelligence, sorveglianza terrestre, aerea e navale, nonché vere e proprie operazioni di combattimento in Africa settentrionale ed occidentale. Il primo ad illustrarne le finalità è stato il generale James L. Jones, comandante delle forze armate USA in Europa (Eucom), in un’audizione davanti alla sottocommissione difesa del Senato, l’1 marzo 2005. <<Eucom – ha dichiarato Jones - ha istituito nel dicembre 2003 JTF Aztec Silence, ponendola sotto il comando della VI Flotta Usa, per contrastare il terrorismo transnazionale nei paesi del nord Africa e costruire alleanze più strette con i governi locali>>. Il generale statunitense si è poi soffermato sulle unità d’eccellenza prescelte per coordinarne le operazioni. <<A sostegno di JTF Aztec Silence, le forze d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento (ISR) della US Navy basate a Sigonella, Sicilia, sono state utilizzate per raccogliere ed elaborare informazioni con le nazioni partner. Questo robusto sforzo cooperativo ISR è stato potenziato grazie all’utilizzo delle informazioni raccolte dalle forze nazionali locali>>.
Sino a due anni fa, la JTF Aztec Silence si basava sullo sforzo operativo di differenti squadroni di pattugliamento aereo della US Navy che venivano trasferiti in Sicilia per periodi di circa sei mesi da basi aeronavali statunitensi. Il 7 dicembre 2007, tuttavia, il Comando Centrale degli Stati Uniti ha istituito il Patrol Squadron Sigonella (Patron Sig), assegnando in pianta stabile in Sicilia uomini e mezzi provenienti da tre differenti squadroni di pattugliamento aeronavale (il VP-5, il VP-8 e il VP-16), più il personale del Consolidated Maintenance Organization di Jacksonville (Virginia), addetto alla manutenzione dei velivoli. L’elemento strategico per <<individuare, attaccare e colpire>> gli obiettivi nemici è rappresentato dall’aereo radar Orion P-3C, nato per il pattugliamento marittimo e la guerra antisottomarini, ma che a partire dagli anni ‘90 è stato orientato sempre di più alle attività ISR e alla cosiddetta <<lotta al terrorismo>>, l’eufemismo di Washington per giustificare i programmi di guerra globale. Per la sua versatilità, il P-3C è stato usato in supporto alle forze terrestri in Iraq ed Afghanistan e in numerose missioni <<umanitarie>> in Golfo Persico, Corno d’Africa e Filippine.
Alla Joint Task Force Aztec Silence sono attribuite le missioni della Operation Enduring Freedom – Trans Sahara (OEF-TS), il complesso delle operazioni militari condotte dagli Stati Uniti e dai suoi partner africani nella vasta area del Sahara-Sahel. In OEF-TS le forze armate Usa possono contare sulla collaborazione di ben 11 paesi: Algeria, Burkina Faso, Libia, Marocco, Tunisia, Ciad, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria e Senegal. Più propriamente, OEF-TS è la componente militare della più ambiziosa Trans Sahara Counter Initiative (TSCTI), il piano a lungo termine degli Stati Uniti d’America per <<prevenire i conflitti>> nella regione, <<attraverso un’ampia gamma di strumenti politici, economici e per la sicurezza>>. All’iniziativa trans-sahariana sono stati destinati 213 milioni di dollari nel triennio 2006-08, mentre è prevista una spesa di circa 100 milioni all’anno dal 2009 al 2013. A ciò si aggiungono i 1.300 milioni di dollari già approvati lo scorso anno dal Congresso per l’esecuzione di <<programmi militari bilaterali>> con i paesi africani e per il nuovo comando AFRICOM, istituito l’1 ottobre 2008 a Stoccarda per coordinare l’intervento militare USA nel continente nero.
Adesso che AFRICOM è nel pieno delle sue funzioni, sta crescendo ancora di più nel teatro europeo-mediterraneo il traffico aereo finalizzato al trasporto di reparti e mezzi statunitensi. Una sfida, quella rappresentata dalle missioni in Africa, che l’Air Mobility Command (AMC), l’alto comando Usa per la mobilità aerea, si trova ad affrontare dopo quella generata dalle guerre in Iraq ed Afghanistan. Secondo quanto pubblicato il 25 marzo 2008 dal quotidiano delle forze armate statunitensi, Stars and Stripes, per rispondere ai bisogni di AFRICOM <<sarà necessario che una parte del personale dell’Air Mobility Command presente in Gran Bretagna e Germania venga trasferito in alcune basi d’Italia, Spagna e Portogallo>>. Il generale Duncan J. McNabb, la più alta autorità militare nel settore del trasporto aereo statunitense, in un’intervista rilasciata al periodico Air Forces Magazine (novembre 2008), ha spiegato che <<per assicurare il successo dell’intervento in Africa>>, è indispensabile <<sviluppare le infrastrutture delle basi chiave, come Lajes Field, l’isola Ascensione nell’Atlantico e Sigonella, Sicilia>>. <<L’Air Mobility Command - ha aggiunto McNabb – sta lavorando con il comando dell’US Air Force in Europa per trasferire in queste installazioni, dalla base aerea di Ramstein, Germania, il traffico aereo di AFRICOM>>.
Il trasferimento in pianta stabile a Sigonella dei grandi aerei da trasporto C-5 Galaxy, C-17 Globemaster e C-130 Hercules e degli aerei cisterna KC-10 e KC-135 avrà impatti ancora più rilevanti sulla salute della popolazione. Questi velivoli militari sono quelli che più contribuiscono alla dispersione nell’ambiente delle cosiddette “scie chimiche”, emissioni in cui si registrano pericolosissime concentrazioni di veleni e sostanze cancerogene, quali alluminio, arsenico, cobalto, etilene dibromide, mercurio, ossido di titanio, piombo, quarzo, sali di bario, silicio, torio, uranio, ecc..


Grandi affari per i contractor atomici

In attesa che nella base di Sigonella le imprese di costruzioni si spartiscano centinaia di milioni di euro per realizzare centrali  spionistiche e nuovi trampolini di morte, c’è chi si accontenta di gestire tutta una serie di <<servizi>> funzionali alle missioni in Africa, Caucaso e Golfo Persico. “Accontentarsi” è mero eufemismo, dato che si tratta di contratti per un valore complessivo di 16 milioni di dollari, che potrebbero diventare 96 se il Comando d’Ingegneria Navale della marina militare USA decidesse di prorogarne la durata sino al 2013.
Ad accaparrarsi le commesse è stato il Team Bos Sigonella, un consorzio composto dalle italiane Gemmo Spa (Vicenza) e LA.RA. (Motta Sant’Anastasia) e dalla statunitense Del-Jen Inc.. Il primo contratto, di durata annuale, è stato sottoscritto nel febbraio 2008; il secondo, il novembre successivo. L’elenco dei lavori da eseguire è però pressoché identico: si va dall’<<esecuzione, supervisione, trasporto di armamenti, materiali ed attrezzature necessarie ai servizi operativi e di supporto>>, alla <<gestione ed amministrazione dei servizi ambientali>> e al <<controllo delle sostanze nocive, la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti>>. Ma non è finita; al Team Bos Sigonella sono stati pure attribuiti i lavori di manutenzione delle aree interne alla base, la pulizia delle strade e i servizi di bus navetta per il personale militare e civile. Tutti i servizi saranno realizzati a Sigonella e nelle <<installazioni siciliane collegate>>, prime fra tutte il complesso portuale di Augusta, la stazione di telecomunicazione di Niscemi e il Pachino Target Range, in località Marza (Siracusa), centro di supporto per le esercitazioni aeree e navali USA e NATO nel Mediterraneo centrale.
La Del-Jen Inc. di Clarksville, Tennessee, è al suo debutto in Italia. La società è uno dei più fedeli contractor del Dipartimento della Difesa e fornisce tutti i servizi possibili, dalla progettazione e costruzione di basi ed infrastrutture logistiche, alla manutenzione di edifici, attrezzature, velivoli ed abitazioni. Esegue poi la movimentazione negli scali aeroportuali, la fornitura di combustibili ai cacciabombardieri, la gestione di <<programmi ambientali>> in complessi di ogni tipo, comprese le stazioni missilistiche più segrete e i poligoni utilizzati dal Pentagono per la sperimentazione di testate atomiche. La nuclear connection della compagnia è tuttavia più ampia. A partire dal 1970, la holding di cui è parte (la Fluor International) ha costruito negli Stati Uniti d’America una ventina di centrali atomiche; inoltre opera per conto dei Dipartimenti dell’Energia e della Difesa nella manutenzione, gestione, <<decontaminazione e risanamento ambientale>> di buona parte delle centrali USA e dei siti di arricchimento dell’uranio e del plutonio destinato a fini militari. A seguito dell’impulso dato dall’amministrazione Bush alla produzione dell’energia nucleare e alla realizzazione di nuove centrali, la Fluor International ha creato nel marzo 2007 uno specifico dipartimento di ricerca e produzione atomica, con sede a Greenville, Carolina del Sud.


Cresce il numero dei militari USA e NATO

L’espansione delle funzioni operative di Sigonella e delle altre basi USA e NATO presenti nella Sicilia sud-orientale darà inevitabilmente nuovo impulso ai processi di militarizzazione del territorio. Per il funzionamento degli aerei senza pilota e della nuova supercentrale di spionaggio AGS, il ministro della difesa, Ignazio La Russa, ha preannunciato l’arrivo nell’isola di <<800 uomini della NATO, con le rispettive famiglie>>. Dalla lettura delle schede allegate al piano finanziario 2007 dei Military Construction and Family Housing Programs, emerge però un altro dato estremamente preoccupante. La US Navy prevede infatti che entro la fine del 2012 il personale militare in forza a Sigonella raggiungerà le 4.327 unità, contro le 4.097 presenti il 30 settembre 2005. È dunque prevedibile che saranno presto avviati i lavori per realizzare nuovi complessi abitativi per il personale in forza alla stazione aeronavale.
I consigli comunali di Motta Sant’Anastasia (Catania) e Lentini (Siracusa) hanno già adottato quattro progetti di variante ai piani regolatori per l’insediamento di residence e villaggi ad uso esclusivo dei militari statunitensi e NATO. Il programma più ambizioso è certamente quello previsto in contrada Scirumi di Lentini in un’area di 91 ettari dove si prevede di ospitare sino a 6.800 cittadini statunitensi (militari e famiglie al seguito) della base di Sigonella. Il progetto, approvato dalla giunta di centrosinistra il 18 aprile 2006, prevede <<mille casette a schiera unifamiliari con annesso verde privato e parcheggi, un residence per la sistemazione temporanea per i militari in attesa dell’alloggio definitivo, attrezzature ad uso collettivo per l’istruzione, lo svago e il terziario, impianti sportivi, relative opere di urbanizzazione primaria e un sistema di guardiole per il presidio di controllo e sicurezza>>. Una vera e propria città satellite in un’area di particolare pregio paesaggistico, storico e naturale, a cui potrebbero aggiungersi le opere viarie e i servizi per <<rendere facilmente fruibile>> ai militari il lago di Lentini, Sito di Interesse Comunitario (Sic) e Zona di Protezione Speciale (ZPS) della Provincia Regionale di Siracusa. Il megacomplesso residenziale avrà un volume di 670.000 metri cubi di costruzioni, superiore perfino a quello previsto dalla US Army per la conversione a fini bellici dell’aeroporto El Molin di Vicenza.
Fittissima la ragnatela d’interessi che accomunano e non solo strategicamente, la grande base di Sigonella a Vicenza. A presentare il piano per l’approvazione in consiglio comunale ci ha pensato la Scirumi Srl, società con sede a Catania in via XX Settembre 42 presso lo studio del professore Gaetano Siciliano, già presidente dell’ordine dei commercialisti, poi presidente del collegio dei revisori dei conti del Comune di Catania. Cognato del Procuratore aggiunto di Siracusa, Giuseppe Toscano, Siciliano ha ricoperto sino al maggio 2003 la carica di amministratore del Riela Group, importante azienda di trasporto e distribuzione di beni di consumo alimentari. Il Riela Group era stato confiscato in via definitiva a fine anni ’90 perché ne era stata provata l’appartenenza a personaggi legati alla cosca mafiosa di Benedetto “Nitto” Santapaola. Il dottor Siciliano perdette il suo mandato per revoca: fu infatti condannato in primo grado per peculato, avendo deciso senza autorizzazione il proprio compenso all’interno dell’azienda.
Principale azionista della Scirumi Srl è l’Impresa Costruzioni Maltauro di Vicenza, la stessa che ha costruito a Belpasso (Catania) il megacentro Etnapolis del signor Roberto Abate, incontrastato e chiacchierato imprenditore nel settore della grande distribuzione commerciale in Sicilia. Sedici contratti per un valore complessivo di 12.410.282 dollari è il bottino incamerato grazie alle basi USA dalla Maltauro, partner di Gemmo nei lavori di realizzazione della nuova Fiera di Vicenza. L’importante azienda ha costruito piste per il decollo dei cacciabombardieri, hangar e palazzine per le truppe, depositi munizioni ed impianti idrici. Nella Caserma Ederle di Vicenza dell’US Army, la Maltauro ha realizzato un centro d’intrattenimento di 3.000 mq per i soldati e le famiglie statunitensi e diversi uffici amministrativi. Un altro complesso ricreativo è stato realizzato all’interno della base aerea di Aviano (Pordenone). Nell’ambito del cosiddetto “Piano Aviano 2000” avviato da Washington per potenziare le infrastrutture e le funzioni dello scalo friulano, la società vicentina sta realizzando un edificio di circa 1.000 mq per nuovi uffici operativi e ristrutturando tre aree destinate a parcheggio, ricovero ed officine dei cacciabombardieri a capacità nucleare dell’US Air Force. L’8 luglio 2009 la Maltauro ha inoltre vinto la gara per l’ampliamento e la ristrutturazione dell’aerostazione di Pantelleria. Si tratta di opere finalizzate principalmente al traffico civile, ma l’isola nel cuore del Mediterraneo è sede di un distaccamento dell’Aeronautica Militare impegnato principalmente in compiti anti-immigrazione. Sulle due piste di volo di Pantelleria vengono stabilmente schierati i velivoli F-16 ed Am-x del 37° Stormo di Trapani-Birgi e di altri reparti dell’Aeronautica. E accanto allo scalo sorge pure un immenso hangar realizzato all’interno di una collina che funge da ricovero protetto per i cacciabombardieri e da deposito munizioni delle forze militari NATO. L’Impresa Maltauro ha pure tentato di sedersi al banchetto dei lavori per la nuova base al Dal Molin, ma l’appalto è stato assegnato alle due aziende leader della LegaCoop, la Cooperativa Muratori Cementisti di Ravenna (CMC) e il Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna (CCC). La CMC, in particolare, è la principale beneficiaria dei programmi Mega di Sigonella, a conferma di una spartizione bipartisan in Italia dell’oro americano e del “patto del cemento” Maltauro-Impregilo- Pizzarotti-LegaCoop che ha monopolizzato la relazione con il Dipartimento della Difesa USA. Una cordata d’interessi potentissimi (sono le stesse aziende che controllano il business delle Grandi Opere) che lascia trasparire l’esistenza di canali con Washington paralleli a quelli diplomatici e inquietanti capacità di condizionamento delle scelte logistico-strategiche.


Il grande affaire di Ciancio & Soci

Tra i soci della società Scirumi per il megaresidence di Lentini compare inoltre la Cappellina Srl, società nella titolarità della famiglia di Mario Ciancio Sanfilippo, l’ultimo dei cavalieri di Catania, già alla guida della Fieg (la Federazione degli editori di testate giornalistiche), proprietario dell’impero industriale-editoriale de La Sicilia ed azionista degli altri quotidiani e di buona parte delle emittenti radiotelevisive che operano nell’isola. Da sempre Ciancio e le sue testate sono tra i più fervidi sostenitori dei processi di militarizzazione del territorio siciliano, sponsorizzando inoltre le più devastanti opere implementate o progettate nell’isola, prima fra tutte il Ponte sullo Stretto di Messina. A lui erano intestati una parte dei terreni di Lentini venduti alla Scirumi. Una parte, perché gli altri fondi appartenevano alla Sater Società Agricola Turistica Etna Riviera, capitale sociale 1.300.320 euro, 777.600 euro nella disponibilità di Mario Ciancio ed il resto delle quote intestate a Valeria Guarnaccia (la moglie) e ad i figli Domenico e Rosa Emanuela.
La Sater, che ha come indirizzo e-mail sater@lasicilia.it, condivide la stessa sede della Cappellina (via Pietro dell’Ova 51, Catania) e finanche l’amministratore, l’anziano avvocato Francesco Garozzo, presente in altre operazioni finanziarie del gruppo Ciancio. Uno dei figli del legale, Carmelo Garozzo, è membro del Cda della Scirumi; altro Garozzo, l’ingegnere Rosario (direttore generale del Comune di Adrano), è invece uno dei progettisti del complesso destinato ai militari di Sigonella. Professionisti “di peso” anche agli altri due progettisti: l’architetto Matteo Zapparrata, capodipartimento della Provincia regionale di Catania, settore programmazione opere pubbliche ed Antonio Leonardi, dirigente A.U.S.L. 3 di Catania e segretario provinciale dell’ordine degli Ingegneri.
 Con la “vendita” dei terreni del lentinese la famiglia Ciancio ha incassato quasi 10 miliardi e 800 milioni di vecchie lire. Soldi non sborsati direttamente dalla Scirumi Srl che ha utilizzato infatti quanto ricavato da un mutuo ipotecario contratto con il Banco San Paolo IMI (oggi Intesa-San Paolo), filiale di Catania. La lettura degli atti contrattuali riserva altre sorprese. Accanto ad appezzamenti acquistati dai Ciancio in contrada Xirumi sin dagli anni ’50 e ’70 ce ne sono alcuni rilevati a fine anni ’90 ed altri addirittura tra il 25 ottobre 2004 e il 9 maggio 2005, tre mesi dopo i primi trasferimenti a favore della Scirumi. Le proprietà del cavaliere risultavano pure gravate da ipoteche multimilionarie con il Banco di Sicilia e l’Irfis, l’Istituto Regionale per il Finanziamento alle Industrie in Sicilia recentemente trasformato in Irfis Mediocredito Spa, gruppo Capitalia. Un’ipoteca per 24.470 euro risultava iscritta sin dal febbraio 1971 e rinnovata vent’anni dopo; altre tre (con l’Irfis) risalgono alla seconda metà degli anni ’80 (importo totale 3.260.000.000 lire).
Alla stipula dei quattro contratti di compravendita gli attori chiesero il <<trattamento tributario agevolato disposto dall’articolo 60 della legge Regionale 26 marzo 2002 n. 2>>. Si tratta si un cospicuo regalo della giunta di Totò Cuffaro agli ultimi feudatari e latifondisti di Sicilia. Per gli atti riguardanti fondi agricoli, la legge regionale ha riconosciuto i benefici che altrove sono appannaggio della piccola proprietà contadina. Per la compravendita si applicano in fase di registrazione le imposte ipotecarie e catastali nella misura fissa di 168 euro, invece che proporzionalmente sul valore della compravendita (il 2%). Una legge con il paradosso di essere a tempo: la data ultima per beneficiarne il 31 dicembre 2006. Un provvidenziale risparmio ai danni dell’erario per Ciancio & Soci.


Le basi di una democrazia blindata e dimezzata

Esiste un’ampia pubblicistica sui rischi per le popolazioni in termini sanitari, ambientali e di sicurezza che derivano dall’emissione di onde elettromagnetiche o dal transito e dallo stazionamento di armi di distruzione di massa, unità a propulsione nucleare, armi all’uranio impoverito, ecc.. Notori il regime extraterritoriale in cui vivono i lavoratori civili italiani delle installazioni militari USA, la costante violazione dei più elementari diritti sindacali di espressione, la sempre più invasiva precarizzazione dei rapporti di lavoro. Rigorosi gli studi in temini di sprechi idrici ed energetici e di saccheggio del territorio. Se è ampliamente condiviso il giudizio sulla gravità istituzionale e politica dell’uso delle basi USA e NATO per operazioni e/o interventi in aree di conflitto fuori da qualsivoglia controllo parlamentare e popolare, resta però insufficiente la consapevolezza sull’impatto di queste infrastrutture sul versante socio-economico, politico e finanche criminogeno-giudiziario.
È così necessario tornare ad analizzare il peso sostenuto dalla fragile democrazia italiana in tutti questi anni di presenza di infrastrutture militari straniere. Le inchieste dimezzate su Loggia P2, Gladio (in Sicilia il Centro Scorpione di Trapani) e sui “Nasco” (i depositi segreti di armi a disposizione di agenti filo-NATO), hanno lasciato trasparire gravi dinamiche eversive e di vero e proprio contenimento paramilitare di ogni eventuale tentativo di estensione della democrazia sostanziale e di ridistribuzione sociale delle risorse e delle ricchezze. Alcune indagini sulla strategia del terrore e sulle bombe neofasciste che hanno insanguinato gli anni ’70 (in particolare quella sulla cosiddetta strage di Peteano) hanno fornito pesanti sull’uso “improprio” delle basi (vedi Camp Ederle a Vicenza o Camp Darby a Livorno) in vista della formazione ideologia e dell’addestramento clandestino di militanti di estrema destra.
In realtà, le finalità di controllo interno ed opposizione di classe della presenza militare USA hanno radici molto più antiche. La desecretazione di molti documenti conservati negli archivi di Roma e Washington hanno permesso di fare luce sul “peccato originale” da cui si è sviluppata la rete di alleanze tra gerarchie militari USA, servizi segreti nazionali e stranieri, estremismo neofascista, ambienti massonici, gruppi economici dominanti e criminalità mafiosa. Innanzitutto quelli relativi alla strage di Portella delle Ginestre, il primo maggio di 62 anni fa, primo eccidio di Stato proprio dopo la vittoria del Blocco del popolo alle elezioni regionali siciliane, l’unica nella storia. Quel successo, quel timido Vento del Sud (lo ricorda Umberto Santino, presidente del Centro antimafia “Giuseppe Impastato” di Palermo), andava bloccato anche a costo di versare sangue innocente, perché poteva sconvolgere gli equilibri che Yalta e l’occupazione alleata avevano imposto all’Italia. Da quel maledetto 1947 il condizionamento sulla storia della Repubblica dell’alleanza tra poteri militari e paramilitari e soggetti politico-economici è stato determinante. E le basi militari originate da accordi bilaterali o sorte in ambito alleato sono stati funzionali a cementare questi relazioni strategiche.
Con la mafia questa partnership è proseguita sino ai giorni nostri. Lo sviluppo di alcune organizzazioni camorriste grazie alla gestione del contrabbando sviluppatosi all’ombra della presenza dei militari di stanza a Napoli; l’omicidio di Pio La Torre che aveva denunciato con coraggio l’equazione mafia-militarizzazione opponendosi all’installazione dei missili nucleari Cruise a Comiso; le inchieste che hanno provato gli interessi delle più efferate cosche mafiose siciliane per i numerosi appalti per l’ampliamento e la gestione dei servizi della base di Sigonella, sono una conferma inequivocabile.
C’è da chiedersi allora come questo possa essere accaduto nel silenzio del mondo politico e dei mass media. Perché sono state dimenticate troppo in fretta le risultanze della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della P2 sulle trame atlantiche di massoni, imprenditori e militari legati ai circoli più conservatori dell’establishment d’oltreoceano? Perché non si è scelto di andare in fondo e chiedere ragione della presenza in Italia di logge massoniche coperte in cui erano affiliati solo cittadini e militari statunitensi (la Commissione sulla P2 ha individuato la “B. Franklin” di Livorno, la “Aviano” in Friuli, la “H.S. Truman” di Bagnoli, la “Colosseum” a Roma, la “J.L. McCellan” di San Vito dei Normanni, la “American Lodge” di Verona e la “G. Washington” di Vicenza)? E come mai negli elenchi delle logge della massoneria ufficiale, accanto ad un gran numero di militari e addetti delle forze dell’ordine, compaiono i nomi di ex “gladiatori”, politici, piccoli e grandi imprenditori, personaggi dalla fedina penale tutt’altro che immacolata e finanche più di un centinaio di ufficiali USA delle basi di Aviano, Vicenza, Camp Darby, Napoli e Sigonella?
Oggi che finalmente si riaccendono i riflettori sulla efferata “trattativa” durante la stagione delle stragi tra apparati dello Stato, Arma dei Carabinieri, (ex) ordinovisti, piduisti e i grandi boss mafiosi, forse possiamo tentare d’incidere e riprendere il filo sull’inquietante ruolo di condizionamento interno dei “cugini” d’oltreoceano e dei loro apparati di sicurezza e d’intelligence (CIA, ecc.). Rilanciando parallelamente la campagna per la smilitarizzazione dello scalo aereo di Sigonella e la sua riconversione ad usi civili, per affermare il ruolo della Sicilia come ponte di pace e di cooperazione nel Mediterraneo.
     
Relazione prresentata al seminario interno del PRC siciliano, Palermo, novembre 2009 

Antonio Mazzeo, militante ecopacifista ed antimilitarista, impegnato in progetti di cooperazione allo sviluppo, ha pubblicato alcuni saggi sui temi della pace e della militarizzazione del territorio, sulla presenza mafiosa in Sicilia e sulle lotte internazionali a difesa dell’ambiente e dei diritti umani. È membro della Campagna per la smilitarizzazione della base di Sigonella.

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